Questi brevi/lunghi anni che ci separano dal precedente Congresso ANPI-VZPI di Trieste sono stati densi di avvenimenti, ma anche di tanto lavoro. Non possiamo ora che ricordare solo alcuni momenti dell’attività che ci ha viste partecipi nel breve arco del 2015.
Lo scorso anno si è festeggiato il 70esimo della liberazione dal nazifascismo in tutta Europa e anche in Italia e a Trieste. E’ stato anche un anno in cui, nel 70esimo del 25 aprile 1945, ci sono stati molti momenti di commemorazione, celebrazioni, convegni, dibattiti e non è stato dimenticato il contributo delle donne alla liberazione dal nazifascismo.
Nei mesi di ottobre e novembre scorsi si sono svolti due importanti convegni nazionali sui Gruppi di Difesa delle Donne (GDD): il 7 ottobre organizzato dall’UDI (Unione Donne in Italia/Zveza Žensk Italije nata dai GDD) a Roma (a Montecitorio) e il 14 novembre organizzato dall’ANPI a Torino.
Un’organizzazione, quella dei GDD, che ha operato in Italia tra il 1943 e il 1945 e che ha riunito donne impegnate nelle città, nelle fabbriche e nelle campagne, nello sforzo di sostenere il movimento partigiano e di aiutare con vari mezzi e modi tutti coloro che si opponevano al nazifascismo per liberare il Paese dalla dittatura e dall’occupazione e restituire ad esso libertà e democrazia.
L’obiettivo principale di questi incontri, molto partecipati sia a Roma come a Torino, è stato quello di far riemergere dalla memoria una storia che è stata negli anni, così come anche la storia delle donne combattenti nelle formazioni partigiane, molto assente dalla pubblicistica e dalla memorialistica e della quale poco si è parlato.
L’ANPI-VZPI è intervenuto a Torino sulla storia di Trieste, inviando prima la ricerca che la compagna Mirta Čok ha realizzato su quanto è stato finora ritrovato sui Gruppi di Difesa delle Donne e poi, direttamente al convegno, presentando un intervento scritto di Adriana Janežič che evidenziava come a Trieste, viste le caratteristiche e le peculiarità della nostra lotta di liberazione dal nazifascismo, in una città messa a ferro e fuoco dai nazisti e dai fascisti, l’organizzazione principale, più simile a quella dei GDD, fosse l’OF (Osvobodilna fronta) che raccoglieva nelle sue file donne sia slovene che italiane che lavoravano a supporto della lotta partigiana e anche della lotta meno visibile di resistenza e di opposizione al regime che si combatteva in città.
Bisogna sottolineare che anche nei nostri territori per quanto riguarda la specificità di genere della lotta contro l’oppressione nazifascista la storia scritta è ancora molto lacunosa e il comitato provinciale dell’ANPI-VZPI sta ora iniziando innanzitutto un lavoro di ricognizione delle fonti e di prima archiviazione che ci auguriamo possa offrire una prima panoramica dei documenti già quest’anno.
Si tratta di lavorare non solo sulle fonti archivistiche, ma anche di “comunicare” usando i mass media, ma soprattutto il web, la storia di queste donne, le loro lotte, le loro speranze, e per questo uno dei primi progetti, ancora nel cassetto, è quello di dedicare uno spazio del nostro sito www.anpits.it proprio alle biografie di queste donne.
Infatti non è che con il 70esimo della liberazione dal nazifascismo si possa pensare di concludere il notevole lavoro già svolto, ma è proprio quanto fatto che ci sprona a continuare a portare alla luce i tanti volti e le tante vite di coloro che per la libertà hanno combattuto.
Ma se questo è il lavoro sulla MEMORIA che rientra a pieno titolo negli scopi fondativi dell’ANPI e dell’ANPI-VZPI di Trieste, il nostro lavoro e il nostro impegno è anche sull’oggi, SULLA VITA DELLE DONNE DI OGGI, su quelle nuove generazioni di donne che quei terribili momenti conoscono solo attraverso i ricordi di nonne o bisnonne.
Per questo vogliamo contrastare alcune visioni del mondo sulle donne (alcune Weltanschauung) che oggi, in un’epoca di una società neoliberista appiattita sulla monetizzazione, anche esponenti istituzionali, anche donne, vogliono farci accettare: noi donne, in questa visione del mondo, saremmo “utili” alla società.
Se prima le donne “producevano figli” per il Reich o per l’Impero fascista, ora le donne dovrebbero lavorare per “produrre PIL”, per aumentare il PIL, per risollevare i dati del Prodotto Interno Lordo?
Noi donne non vogliamo essere considerate solo per la nostra “produttività”: nel ventennio fascista le donne dovevano stare a casa e “produrre figli”, essere “fattrici di figli”, e per ogni figlio c’era un premio in denaro, e il motto nazista e l’imperativo per le donne tedesche, ma ben condiviso anche dal fascismo, era raffigurato con le 3 K (Kindern, Kirche, Küche/Bambini, Chiesa, Cucina).
Noi vogliamo avere “I NOSTRI DIRITTI/NAŠE PRAVICE”, i nostri “diritti umani”, visto che dobbiamo ancora conquistare per tutte, per tante di noi, il nostro diritto al lavoro (quello sancito dalla Costituzione - che ora si vuole modificare, a favore di chi?).
NOI NON VIVIAMO E LAVORIAMO PER IL “PIL”, anche perché sappiamo che un aumento del PIL non ricadrà in equa misura a beneficio di chi lavora, e tantomeno delle donne che lavorano, perché sappiamo che la forbice economica si è allargata in modo allarmante tra coloro che detengono le grandi ricchezze nel Paese - tra cui anche le multinazionali e le banche - e i cittadini e le cittadine che questa ricchezza non detengono.
Noi lavoriamo perché non vogliamo essere discriminate sul lavoro e per non essere discriminate nelle istituzioni, noi lavoriamo per la nostra dignità.
Ma noi donne vogliamo parlare anche di che cosa significa la parola “TRADIZIONE”, vogliamo capire cosa ci viene prospettato con questa parola, cosa questa parola contiene in un’epoca di “neoliberismo” che ci porta dal PATRIARCATO al PATERNALISMO che ci “include” ma anche “ci esclude”.
Come scriveva Vapzarov, il poeta bulgaro fucilato dai nazisti, “I vecchi in casa dicevano “Così era, così è, così sarà”…e noi rabbiosi correvamo all’aperto, dove una speranza ci sfiorava con un alito di luce.”
Noi donne SIAMO PER le tradizioni che rispettano i DIRITTI UMANI di tutte le donne e di tutti gli uomini, SIAMO CONTRO, e dobbiamo impegnarci a lottare contro, le tradizioni di quelle società e di quelle religioni e di quelle leggi che vogliono imporci il NON rispetto dei diritti umani.
Noi ci ritroviamo idealmente nella siciliana Franca Viola, nata nel 1947 rapita nel 1965, a 18 anni, che ruppe la “tradizione”, rifiutando il “matrimonio riparatore”, dopo la “fuitina” e lo stupro: una “tradizione/usanza” che si perpetrava in Sicilia ancora negli anni ’60 (1960). Un “matrimonio riparatore” che era addirittura sancito dall’articolo 544 del Codice penale, che se effettuato estingueva il reato, una norma abrogata con legge SOLO nel 1981 e SOLO nel 1996 (solo 20 anni fa) lo “stupro” sarà riconosciuto come reato “contro la persona” e non, come era precedentemente, “contro la morale”.
Noi sappiamo che la tradizione se è contraria alla nostra libertà e ai nostri diritti va combattuta, sappiamo che le donne che hanno combattuto nella guerra partigiana rompevano la tradizione di non andare in guerra, che le donne che scioperavano nelle fabbriche in periodo bellico, e sono state le prime, rompevano una tradizione di sudditanza.
E quindi noi diciamo alle donne immigrate, alle donne che hanno tradizioni sociali e religiose che incatenano i loro diritti umani, che le umiliano, che le mutilano addirittura, che noi siamo con loro e con tutte le donne, siano esse nate in Italia o altrove, siamo con loro per combattere gli usi e i costumi che limitano la loro libertà e i loro diritti.
È necessario non solo fare MEMORIA, ma riflettere sul PRESENTE e trovare nuovi obiettivi e nuove sfide che si rapportino all’oggi: sappiamo che se non ci confrontiamo con tutte le donne immigrate, e non parliamo dei “modelli di vita” nostri, che ora non sono i loro, saremo noi tutte ad arretrare perché arretrerà la società.
Così come stiamo arretrando con l’escalation di “femminicidi” nel nostro paese, con chi ancora pensa che la famiglia sia luogo dove le donne trovano sicurezza e solidarietà: non TUTTE le “famiglie” sono così se buona parte dei femminicidi, e parliamo di oltre 100 donne uccise all’anno in Italia, avvengono tra le mura familiari o ad opera dei mariti o compagni o ex compagni ed è anche risaputo che uno dei fattori principali di “scatenamento” di questi assassini è legato alla parità di genere, alla volontà delle donne di avere il diritto alla propria vita.
Quindi abbiamo ancora tanta strada da percorrere, tanti volti e tante vite vissute di donne da conoscere e da far conoscere, tanto da lottare per una società di DIRITTI per TUTTI, DONNE e UOMINI, e tanta volontà di PACE in un periodo di GUERRE che coinvolgono interi continenti e sono soprattutto le GUERRE e le motivazioni che le producono che vanno fermate, altrimenti NOI DONNE torneremo indietro nella storia.
Vorrei concludere segnalandovi uno dei tanti progetti al quale abbiamo partecipato che verrà presentato proprio in questi giorni con l’inaugurazione di una Mostra, il prossimo 8 marzo, presso il Museo Postale e Telegrafico della Mitteleuropa, nel Palazzo della Posta, qui a Trieste: vi hanno partecipato le ragazze e i ragazzi delle scuole superiori, Istituto Magistrale Slomšek - Humanistični Licej, e Liceo Carducci, e i bambini della scuola ebraica, con il contributo di associazioni femminili, oltre all’ANPI-VZPI. Saranno presentate biografie di donne di estrazione politica e sociale diverse, sei triestine e una novarese, che sono vissute da protagoniste durante la 2° guerra mondiale e hanno contribuito, ognuna a loro modo, alla lotta contro il nazifascismo. In quelle barbarie tre di loro hanno perso la vita: Alma Vivoda, muggesana e le triestine Zora Perello e Rita Rosani. Saranno presentate anche le biografie di quattro donne che sono successivamente vissute in una società liberata dal nazifascismo, tra cui una triestina a noi quasi sconosciuta Lucia Lupieri, e quelle che hanno rappresentato le donne al Parlamento italiano: Marija Bernetič, prima slovena eletta al Parlamento italiano, Aurelia Benco e Lidia Menapace, piemontese, vivente, tutt’ora impegnata nell’ANPI e nell’UDI.
Siete tutti invitati alla mostra.
Nel chiudere questo breve intervento vorrei ricordare a me e a tutte e tutti che nessuna conquista è per sempre… né collettiva, né individuale, nessun diritto e nessuna libertà possono essere considerati acquisiti e immodificabili nel tempo.
Il mondo, le società, le popolazioni sono in continuo movimento: sta a noi contribuire a farli e farci avanzare su una linea di progresso, di diritti e di democrazia, bloccando e contrastando ogni possibile ritorno a quelle barbarie del secolo scorso che i partigiani, e le partigiane, di cui porta il nome la nostra associazione, nel 1945 hanno sconfitto, ma non per sempre.