Il saluto del presidente dell’Associazione fanti di Villorba Sergio Amadio
La sezione del Fante di Villorba è qui con voi anche quest’anno per condividere questo significativo momento di commemorazione e di ricordo.
Un evento che, pur lontano nel tempo, sono passati 81 anni, ci riporta, purtroppo, all’attualità in quella parte di Europa a noi così vicina, dove la guerra sta mietendo decine di migliaia di vittime, militari e civili, feriti e mutilati, milioni di sfollati e danni materiali incalcolabili.
Le immagini di distruzioni e di morte che la guerra provoca, entrano nelle nostre case ogni giorno attraverso i vari mezzi di comunicazione provocando orrore, e tanto dolore.
E tutto questo in nome di una vera o presunta difesa di nazionalità diverse o di territori contesi, dove questa difesa si trasforma in sofferenza e morte soprattutto per coloro che dovrebbero beneficiarne.
Il dramma che in questi giorni sta vivendo il popolo dell’Ucraina e con esso i poveri, disgraziati giovani militari russi che probabilmente muoiono per una causa non condivisa, o non interamente compresa, stanno li a dimostrarlo.
Sono cose che questa terra che oggi noi calpestiamo e le genti che la abitavano o i più anziani che ancora la abitano, i vostri padri e i vostri nonni, hanno già visto e sofferto, prima con il dramma della dittatura fascista, poi con la guerra ed infine con le sofferenze del dopoguerra che hanno inferto un duro colpo alla convivenza pacifica.
Cecità ideologica e necessità di mantenersi al potere sono la causa di tanta sofferenza.
Ma i popoli prima o poi si risvegliano, come oggi assistiamo in Cina, Iran e anche nella stessa Russia dove la fuga di centinaia di migliaia di giovani che non vogliono morire per una causa ingiusta e che rappresentano la classe dirigente del futuro, stanno li a dimostrare la fine del modello autoritario rispetto alla democrazia.
E anche qualche nostro governante, sono certo, non indosserà più magliette con certe effigi, e privilegeranno i lacci e i lacciuoli della democrazia rispetto al decisionismo degli autocrati.
Tutto questo, e soprattutto le cinque vittime che oggi commemoriamo sono qui a ricordarci che quando si perde la libertà, poi, per riconquistarla sono necessarie lacrime e sangue.
Odiare la guerra e lavorare per la pace, questo deve essere il primo comandamento che ci accomuna tutti.
Dobbiamo essere capaci di scrostare le vecchie ruggini che ancora ci separano, nella assoluta convinzione che crescere e vivere nella concordia significa consegnare alle future generazioni un mondo capace di non odiare e di accettare anche il diverso da noi come un amico anche se proviene da un paese lontano e magari ha la pelle di un colore diverso, ma anche e, soprattutto, se abita la porta accanto.
Oggi abbiamo strumenti culturali per capire dove sta il bene e dove sta il male, abbiamo la libertà di far conoscere il nostro pensiero e non lasciarci condizionare da giudizi fuorvianti.
Adoperiamo questa libertà e difendiamola, coscienti che questo non è un dono piovuto dal cielo, ma datoci in consegna da coloro che per conquistarlo hanno dovuto, molto spesso, versare il loro sangue.
Allora guardiamo avanti non dimenticando mai Viktor Bobech, Simon Kos, Ivan Ivancic, Pinko Tomasic e Ivan Vadnal.