Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - Comitato Provinciale di Trieste
Vsedržavno Združenje Partizanov Italije - Tržaški Pokrajinski Odbor
tessera

13° Congresso

Cos’è per noi giovani la Storia?
Barbara Ferluga

Quando sento la parola Storia, mi vengono in mente prima di tutto gli egiziani, gli antichi romani e i greci. La storia che abbiamo studiato a scuola dalle elementari in poi. Ma, per me, la storia è anche altro, i fatti del XX secolo, di cui si parla molte volte all’anno in occasione delle cerimonie e commemorazioni.  Di questa storia a scuola si parla molto meno; il più delle volte viene a mancare il tempo, visto che il XX secolo è in programma alla fine dell’ultimo anno.

Durante le cerimonie commemorative rendiamo ricordo alle vittime, triste retaggio del secolo passato, ma anche a quanti hanno coraggiosamente combattuto per la patria, per l’identità e la lingua slovena. Dagli eroi di Basovizza ai partigiani.
Per conto mio vivo questa parte della storia come un insieme di valori dai quali traggo giorno per giorno insegnamento, e che mi danno nuovo impulso e desiderio di un mondo migliore. Forse noi giovani siamo degli idealisti, ma sono comunque persuasa che abbiamo anche oggi voglia e desiderio di lavorare per il futuro, che dovrebbe nuovamente partire dai valori: quelli ideali di antifascismo e democrazia, per i quali hanno dato la vita molti nostri predecessori. Perché questi valori sono per molti di noi ancora oggi le fondamenta della nostra società. Oggi, quando vediamo la democrazia frantumarsi e la solidarietà umana perdere consistenza, dobbiamo credere che questo non sia il mondo che sogniamo e che possiamo cambiarlo.
Si pone il dilemma: come? Come possiamo restare, in questa ondata di passività che offre un comodo rifugio, dei cittadini attivi, artefici di una società partecipata?

Di sicuro non basta semplicemente ricordarsi un paio di volte l’anno, alle cerimonie commemorative davanti ai monumenti, a Basovizza, alla Risiera ed altrove, dei valori dell’antifascismo, della libertà e della solidarietà. L’antifascismo deve essere per noi una guida nella vita di ogni giorno. Ma questo richiede atti concreti ed il passaggio dalla teoria ai fatti. I monumenti sono numerosi, forse anche troppi per i giorni di oggi, che richiedono soprattutto solidarietà ed aiuto concreto.

Dobbiamo avere chiaro che oggi non basta ricordare, a volte con nostalgia per il passato, i valori di libertà e fratellanza. Questi valori, nel momento in cui l’Europa democratica si sta sgretolando, dobbiamo prenderli in mano, rimboccarci le maniche ed entrare in azione in prima persona.
Quando dico che non basta partecipare alle cerimonie e visitare i monumenti non intendo dire, che questi atti non vadano più fatti. Dico che gli omaggi ai monumenti non bastano, quando migliaia di profughi hanno bisogno di una mano, mentre l’Europa si chiude con cinte di filo spinato e mentre i media riempiono pagine di allarmi al terrorismo.

Non è vero che da soli non possiamo cambiare le cose. Possiamo darci da fare, possiamo ragionare e aggregarci a quel poco che è rimasto di sfera sociale attiva, che ancora persegue la democrazia e l’antifascismo. Permettetemi di dare alcuni esempi concreti, che mi sono molto vicini. Oggi è per me un antifascista chiunque, nel vedere un mondo che va a pezzi ed un terrorismo che è sempre più feroce, non rimane passivo ma si interessa, si informa e non vi assiste come se la cosa non lo riguardasse; sono antifascisti tutti quei volontari, che da mesi mantengono in esercizio i campi di raccolta dei profughi, o quelli che hanno manifestato nelle strade o davanti al filo spinato, quelli che hanno a cuore i diritti delle coppie omosessuali, quelli che credono nell’uguaglianza e combattono l’omofobia.

Per me lo sono anche quanti danno voce all’identità slovena e alla sua produzione culturale in queste nostre terre, perché la cultura porta ad una visione attiva e aperta della società, essendo quest’ultima il prodotto di tutti gli eventi e fatti storici dai quali è nato il nostro quotidiano. Noi siamo infatti il risultato della grande varietà di contributi della storia triestina, della sua cultura, delle sue visioni e delle sue memorie. E di questo possiamo essere orgogliosi.

E a fronte di tutto ciò non dobbiamo avere paura. Non dobbiamo temere che le nostre azioni possano sostituire la nostra memoria storica e la nostra partecipazione alle cerimonie. I valori devono oggi essere trasmessi alle generazioni più giovani nel nuovo contesto sociale, nel nostro quotidiano. Se ci limiteremo alle cerimonie nostalgiche e alle canzoni partigiane, perderemo il treno del nuovo corso storico e delle nuove sfide democratiche.
Sia chiaro: se abbiamo compreso tutto ciò, il merito va a quanti anni fa hanno combattuto per la patria, la cultura e la lingua slovena: sono stati quei partigiani dei quali ci ricordiamo nelle cerimonie oppure quando ascoltiamo o cantiamo le canzoni partigiane. Essi saranno per noi sempre degli eroi e nessuno può toglierci i valori che ci hanno tramandato né la memoria storica che abbiamo nei cuori come sloveni. Per questo sono i nostri eroi: per i valori dell’antifascismo che ci hanno insegnato e che ci sono da guida oggi, in un mondo dominato dalla passività e dall’ignoranza.

Vorrei aggiungere un ulteriore argomento. Dicevo che la storia mi fa pensare innanzitutto agli egiziani, perché il XX secolo viene menzionato a scuola solo superficialmente. La nostra generazione, nata negli anni ’90, ha ancora la fortuna di ascoltare dai nonni i racconti sulla prima e la seconda guerra mondiale, sui partigiani ed altro. Ora ci pensano i bisnonni. Ma quelle future non avranno testimonianze di prima mano. E allora toccherà a noi, ai maestri ed ai professori, mantenere vivo il ricordo e i valori di allora. Dobbiamo esserne convinti e lavorare perché la memoria non muoia. Solo così i nostri antenati e le loro idee potranno sopravvivere ed essere assorbiti dai giovani. E fare propri quei valori con i quali diventare gli antifascisti del XXI secolo e non cittadini senza spina dorsale.

Sono passati quasi cento anni da quando l’edificio in cui ci troviamo è stato bruciato dai fascisti. E’ passato un secolo e sono sicura che questo episodio non verrà dimenticato, perché siamo certamente in grado di tramandarne la memoria alle prossime generazioni. Ma oltre al ricordare dobbiamo anche farci sentire. Sarebbe bello se nel centenario dell’incendio del Narodni dom si avverasse anche il nostro diritto di riaverne definitivamente la piena proprietà.  Eppure ancora oggi dobbiamo combattere per i nostri diritti e ritorniamo al punto di partenza: niente ci verrà regalato, dobbiamo rimboccarci le maniche e continuare a lavorare.